Il principio della reciprocità.
Donare per avere un ritorno nel tuo business?
SERIE MARKETING VISSUTO
Il marketing fa parte dei miei interessi, per passione e utilità, anche se non vendo percorsi sul tema, quindi puoi leggere con tranquillità fino in fondo l'articolo, perché non ti voglio vendere nulla a riguardo. L'articolo nasce semplicemente dal desiderio di condivisione di opinioni reali sulla visione del marketing da parte di chi lo vive concretamente nella promozione della propria attività e non da parte di chi lo insegna.
Non ho nulla contro i percorsi di marketing, ma spesso passa inosservato un punto fondamentale per chi ne usufruisce: vendere marketing è molto diverso, in termini di risultati, dal vendere servizi e prodotti di altro tipo, per il semplice motivo che il bisogno di incrementare i clienti è molto più sentito del bisogno a cui assolve il tuo servizio, qualunque esso sia. Per questo motivo, il successo del tuo consulente di marketing nel suo lavoro non è una garanzia di risultato nel tuo.
Credo che sia importante confrontarsi tra persone delle stesso settore che, pur non vendendo percorsi di marketing, lo studiano e lo sperimentano realmente nelle loro attività (spesso sature nell'offerta) e che, con estrema sincerità, possono dire che cosa funziona e non funziona in concreto.
Io sono una di queste persone e ho pensato di dire la mia, dedicando una serie di articoli al "Marketing Vissuto", prendendo in considerazione principi vecchi e nuovi.
Articolo primo
La reciprocità - donare per avere un ritorno nel tuo business.
Funziona ancora?
I punti nevralgici del quesito sono sostanzialmente tre:
- il che cosa ti aspetti (il tipo di ritorno)
- la misura (il livello di donazioni nel complesso del mercato di riferimento)
- il che cosa doni (che differenza c'è tra quello che doni e quello che vendi, che differenza c'è tra quello che vendi e quello che gli altri donano).
Il primo punto nevralgico, che riguarda le aspettative, è strettamente connesso agli altri due. Vediamo, quindi, quali sono le aspettative principali di reciprocità:
donare per convertire il dono in vendita
donare per avere testimonianze
donare per farsi conoscere
1. Donare per convertire il dono in vendita.
La prima aspettativa è delusa nella maggior parte dei casi, per il semplice motivo che si è perso il senso della misura nella donazione, sia nel quantum che nel quid.
In un settore di mercato dove tutti donano qualunque cosa per avere un ritorno, il ritorno è destinato a sfumare: i clienti si abituano a non comprare ed è assolutamente normale.
Chi pagherebbe per avere la stessa cosa che un altro offre gratuitamente?
Mi spiego meglio, con un esempio di meccanismo concreto riscontrabile da un confronto attento e costante delle campagne che vengono lanciate nello stesso settore: oggi ti offro un servizio gratuito (generalmente un video corso, una sessione etc) per provare a venderti un altro servizio più approfondito a pagamento, ma se guardo con attenzione le campagne altrui troverò un concorrente che dona esattamente la stessa cosa che io sto tentando di vendere e anche questo concorrente sta perseguendo lo stesso scopo, che verrà a sua volta vanificato da un altro concorrente ancora e così via. Il passo è veloce per arrivare a rovinare una categoria in poco tempo da parte della stessa categoria.
È innegabile, almeno dal mio punto di vista di professionista che vive il mercato sulla pelle, che l'eccesso di donatività abbia effetti altamente negativi:
svaluta la categoria professionale (iniziano a prolificare etichette di fuffa anche in rapporto a professionisti seri e rinomati)
altera la percezione di valore del servizio (idem come sopra: se non si paga, si pensa che probabilmente è fuffa, per vendere altra fuffa)
diminuisce l'impegno del cliente perché può avere il servizio in qualunque momento senza spendere niente, scegliendo anche da chi ottenerlo in dono (io stessa ho commesso l'errore di donare sessioni in passato e più di una persona che ha chiesto l'omaggio non ha poi fissato l'appuntamento)
diminuisce i risultati del cliente proprio perché non prende sul serio ciò che non paga (molte volte io stessa mi sono iscritta a corsi gratis che non ho neppure aperto, ma sono certa che se li avessi pagati avrei seguito ogni singolo minuto).
Se lo scopo è la conversione del dono in una vendita successiva, la reciprocità è un principio molto debole, soprattutto se regali direttamente servizi non dissimili da quelli che fai pagare e se regali servizi che tutti regalano.
2. Donare per ottenere testimonianze e accrescere la tua reputazione.
Anche questa aspettativa può venire in gran parte delusa. Le persone sono pigre, timide, disinteressate e nella maggior parte dei casi non hanno alcuna voglia di rilasciare una testimonianza o una recensione, anche se in privato non mancano di complimentarsi e ringraziarti. Costerebbe poco in termini di tempo ed energia, perché si tratta dello stesso sforzo mentale che compiono quando scrivono i messaggi privati (non a caso si vedono molte pubblicazioni di screenshot da WhatsApp e similari, in mancanza di recensioni); sicuramente lo sforzo del donatario è molto meno intenso di quello che ha compiuto il donante del servizio, ma se non lo compie, bisogna farsene una ragione.
Se doni per ricevere testimonianze è meglio che tu le chieda apertamente e anche in questo caso, preparati ad accettare che non tutti lo faranno comunque: anche se tu hai dato gratis non si sentiranno affatto in dovere di restituirti quello che ti aspetti, nonostante ti abbiano ringraziato e lodato in privato.
Chi riceve non si sente in debito, perché prendere omaggi in un campo dove sono più gli omaggi dei servizi a pagamento, trasforma il gratis nella normalità.
3. Donare per farsi conoscere e accrescere la propria reputazione professionale.
Questa, a mio avviso, è l'unica motivazione sensata per donare, con alcune avvertenze:
fai attenzione a cosa doni: dona il tuo sapere con un'utilità immediata per il potenziale cliente, ma non regalare gli stessi servizi che poi intendi vendere;
dona il tuo sapere in maniera generosa: in questo caso non guardare la misura, perché se veramente sai e se veramente sei creativo in quello che fai, avrai sempre materiale da offrire. Qualche concorrente ti copierà, ma tu sarai sempre un passo avanti: quello che avrai detto ieri, il tuo concorrente lo dirà domani.
crea relazioni: rispondendo in maniera sincera e tempestiva a commenti e interazioni, non voler avere sempre ragione (dosa l'insegnamento con l'apprendimento: impara anche ascoltando gli altri)
concediti tempo: questo tipo di ritorno è molto lento, richiede costanza, motivazione e coerenza in quello che fai, una visione a lungo termine e la possibilità di mantenerti nel frattempo.
E donare in maniera disinteressata?
Concludo con quest'ultima ipotesi inizialmente non contemplata, perché sono sicura che c'è qualcuno che pensa che questa sia la via. Potrebbe in effetti essere considerata, se la tua passione non fosse anche il tuo lavoro e se comunque la stessa intenzione non fosse una grande bugia: non esiste nulla di realmente disinteressato nemmeno la generosità più pura. Quando dici di voler aiutare gli altri, senza alcuna aspettativa, stai in realtà coltivando un desiderio di ritorno: almeno quel minimo sindacale che si chiama bisogno di sentirti utile.
Ogni azione, anche la più nobile, è mossa dal perseguimento di un'utilità.
Conclusione:
dona solo per farti conoscere, con poche aspettative di ritorno economico immediato, consapevole del fatto che non esiste reciprocità dove il gratis è la normalità.
Fammi sapere cosa ne pensi nei tuoi commenti se anche tu vivi il marketing sulla pelle e se hai fatto qualche riflessione a riguardo.